Enzo Moscato legge Roberto Russo

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Enzo Moscato legge Roberto Russo in "Alla fine del viale"

Lettera-racconto dedicata a Silvia Ruotolo. Moscatolegge R. Russo Villa Pignatelli Maggio dei Monumenti 29 maggio 2010 ore 12.00
L'autore, affidando la sua tematica letteraria ad Enzo Moscato, autorevole esponente della scena teatrale italiana, traccia, attraverso il racconto ed i ricordi personali della vita di Silvia Ruotolo, le linee guida di un percorso che porta il lettore sulla scia delle immagini di una Napoli anni Settanta ancora ricca di valori e sentimenti, verso i fulmineii attimi di una terribile tragedia. Quella che l'11 giugno del 1997 pose fine alla vita della dolce ed entusiasta ragazza degli anni dei giochi ormai diventata donna e madre. Un racconto quello di Russo che attraversando i cambiamenti sociali ed i mutamenti culturali della nostra città, compie una vera analisi sul quel dolore e quel distacco ideallizzato e reso sopportabile dalla poesia. La stessa poesia che lasciando vivere le persone al di là della fine fisica, rende palpabile la loro presenza nel tempo sconfiggendo la morte e sancendo il trionfo del bene sul male e del vivere civile sull'illegalità e le ingiustize di una civiltà malata. Perchè Silvia è viva come chi la ricorda e continua a volerle bene. Perchè Silvia è poesia che ispira i nostri giorni.
NOTE DELL'AUTORE “Alla fine del Viale” non è un racconto di camorra. Perché la camorra, per quanto terribile, è contingente. E’ tragicamente presente ma è temporanea. Ogni cosa è temporanea, ogni cosa, per sua natura, passa. Ciò che non passa è la poesia, è il ricordo. Il racconto di Silvia è una lettera, un insieme di immagini, di spunti visivi ed emotivi che stanno a testimoniare una sola cosa: la Morte non esiste perché esiste la poesia, perché esiste il “portare dentro” le immagini più belle della propria vita. Si, l’ambientazione è quella: c’è Napoli, c’è la violenza ma in realtà sono sullo sfondo. E’ come se un fiore si fosse trovato in una bufera e io ho parlato e ho guardato al fiore. Solo a lui. Ciò che scavalca il tempo, ciò che non è temporaneo, ciò che sconfigge il dolore, la solitudine, la morte è quella grande illusione che ha sede nell’anima, nello stomaco e che si chiama emozione, poesia. Allora, per quanto assurdo, per quanto visionario, ancora oggi, su quel tratto di marciapiede sul quale trascorrevamo le ore quando avevamo 10 anni, io vedo Silvia, vedo me stesso e vedo tutti gli amici che sono andati via perché l’unica vera realtà è ciò che si porta dentro. La memoria, le radici, quei momenti che appaiono insignificanti, sono quelli che con maggiore forza affondano nell’immaginario e nel sogno che ci porteremo dentro tutta la vita. E quando anche noi non ci saremo più, saranno gli altri a ricordarci a ricordare i nostri volti, le nostre risate, ricorderanno come eravamo a 10, 20, 30 anni e via di questo passo…ci ricorderanno perché alla fine, nessuno è solo perché ognuno è nella storia dell’altro e ricordando noi, ricorderanno se stessi. “Alla fine del Viale” è la traccia, l’orma di affetto, di ricordo, di infinita dolcezza che Silvia ha lasciato dentro di me e che rimarrà per sempre. Ecco perché Silvia è viva. Ecco perché “Alla fine del Viale” è ben oltre la camorra. Perché nel riproporre gli umori di una Napoli ancora libera dai sintomi del male che di lì a poco l’avrebbe attanagliata, comparando la leggera inconsapevolezza di un ieri felice ed intriso di umanità con la triste realtà di un oggi spietato e crudele, parla di quell’amore, di quell’affetto fatto di tanti piccoli, infiniti ricordi che sfidano il tempo e la morte.
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